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Rosa Balistreri: la cantatrice del sud

Ti racconto la storia di Rosa Balistreri.

Io non sono la cantante di quelle che hanno bisogno la spacca nel vestito, no no no, io non sono neanche una cantante, io sono una cuntastorie e una cantastorie, perché ho imparato dal popolo la storia della nostra Sicilia. Io canto quello che cantavano i nostri nonni e i nostri bisnonni”
(Rosa Balistreri)

Rosa Balistreri, la cantatrice del sud come la definì il poeta siciliano Ignazio Buttitta, nacque a Licata in provincia di Agrigento il 21 marzo 1927.

Ebbe una vita molto tormentata: un padre violento, una figlia avuta in giovanissima età da un uomo che le era stato imposto e che lei cercò di uccidere perché aveva perso al gioco il corredo della bambina e per questo fu incarcerata. Fu costretta a svolgere i lavori più umili per mantenere se stessa e la figlia e visse sulla propria pelle le ingiustizie e le sopraffazioni che subiva quotidianamente la gente umile, povera e indifesa. Cominciò a cantare le storie di vita di quella gente, la miseria e la fame, la disoccupazione e l’emigrazione, la violenza e la solitudine per far conoscere, attraverso la sua voce potente e vibrante, la realtà della terra che tanto amava.

Avevo 9 anni, 10 anni e mio padre spesse volte mi veniva a svegliare alle tre di notte e mi diceva – Rosina, vuoi venire papà con me in campagna? Andiamo a raccogliere le spighe. – E si andava in campagna, a volte senza neanche il pane perché non ci se l’aveva. Dopo, fortunati a trovare queste spighe, si facevano 40, 50 km a piedi col sacco in collo.

Quelle spighe, rimaste nel campo dopo la mietitura, erano una ricchezza preziosa per una famiglia poverissima come quella di Rosa Balistreri e anche la mietitura era un’attività di primaria importanza per la Sicilia di quegli anni. Era un vero e proprio rito, un’occasione per consolidare valori di vita comuni e legami di solidarietà e collaborazione. Spesso lo svolgimento del lavoro era scandito con versi di devozione e ringraziamento a Dio, ai santi e alla Madonna e da rituali di buon auspicio per il raccolto.

Mirrina, un brano recuperato e riproposto da Rosa Balistreri, è il canto della mietitura e della trebbiatura che si svolgeva nei campi prima dell’avvento delle macchine.

Mirrina era il nome che i contadini davano ai muli che, girando in tondo nell’aia, incitati dagli uomini con richiami ritmici e ben scanditi, calpestavano con i loro zoccoli le spighe di grano per frantumarle. Il lavoro avveniva in piena estate sotto il sole cocente, le donne lavoravano insieme agli uomini e durante la giornata, una di loro aveva il compito di portare la Càntara o Quartara, un recipiente di coccio pieno d’acqua fresca per calmare la sete.

Qui potete ascoltare Mirrina nella versione di Rosa Balistreri e in quella dei Cantunovu, un gruppo siracusano che da anni si dedica alla riscoperta e alla valorizzazione della musica e delle tradizioni popolari siciliane.

Testo della canzone

Ah, ccà! Mirrina e reggiti a lu ventu
e vatti lu violu cantu cantu
a nomu di lu Santu Sacramentu
lu Patri, Figliu e lu Spiritu Santu.

Taglia la spiga ncentu voti ncentu
e mentri ca tu giri iu cacciu a cantu
ah ccà! Mirrina, ca nta stu furmentu
lu suli d’oru ci jttau lu mantu.

Ora ca l’aria fu vutata para
prestu ca po’ v’asciuga la sudura
curremu ca lu suli ca nn’affara
di quannu agghiorna nsinu a quannu scura.

Amuri tu lu sai sta vita è amara
e sai comu la siti nni turtura
si scontri a Nina cu la sò quartara
dicci ca Turi sò mori d’arsura.

Ah, qua! Mirrina e reggiti al vento
e batti l’aia torno torno
in nome del Santo Sacramento
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Traduzione:

Taglia la spiga cento volte e cento
e mentre tu giri io ti sprono e canto
ah, qua! Mirrina che in questo frumento
il sole d’oro ha lasciato il suo manto.

Ora che il tempo è cambiato
facciamo presto che s’asciuga il sudore
sbrighiamoci che il sole ci brucia
dal fare giorno fino a quando fa buio.

Amore, tu lo sai, questa vita è amara
e sai come la sete ci tortura
se incontri Nina con la sua brocca
dille che Turi suo muore di sete.

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